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Employee retention

Employee retention: perché è fondamentale per il tuo business 

L’employee retention esprime la capacità delle aziende di trattenere il proprio capitale umano. Si tratta di una questione che oggi ha assunto un valore cruciale, come si evince dal fenomeno definito ‘’Great resignation’’ossia le dimissioni volontarie di milioni di lavoratori che stanno avvenendo a livello globale. Per le aziende, quindi, l’employee retention deve diventare un insieme di pratiche virtuose con cui mettere al sicuro il proprio business, poiché un turnover eccessivo dei dipendenti alla lunga potrebbe risultare insostenibile in termini di costi e calo della produttività. Alcuni studi hanno misurato a quanto ammonterebbero le perdite, evidenziando nel contempo quali sono i meccanismi che, al contrario, favoriscono una employee experience positiva, che è poi la base della retention. Vediamo in particolare quali sono i risultati di queste ricerche e che cosa le organizzazioni possono imparare così da mettere in campo le migliori azioni in merito. 

Quanto costa una mancata employee retention

Il sito FinancesOnline ha raccolto una serie di statistiche sul turnover dei dipendenti, molte delle quali quantificano economicamente la mancata employee retention nelle imprese. Per esempio, nel 2020 il turnover sarebbe costato alle industrie statunitensi una cifra superiore ai 630 miliardi di dollari. Si calcola che ogni dimissione pesi in un’azienda americana fino a un terzo dello stipendio annuale di un lavoratore, con una parte “soft” (67%) dovuta alla produttività ridotta e un’altra “hard” (33%) derivante dalle spese per reclutamento, assunzione di lavoratori temporanei e così via. In Canada, un sondaggio ha rivelato che il costo della sostituzione di un dipendente può variare tra il 75% e il 200% della paga annuale. I responsabili HR canadesi ritengono questo problema come il principale punto dolente da dover affrontare. Se si considera, invece, quale sarà il costo della carenza dei talenti nei prossimi anni, la previsione è che raggiungerà cifre pari ai 435,7 miliardi di dollari negli Stati Uniti, 90 miliardi di dollari nel Regno Unito e 147,1 miliardi di dollari in Cina. 

I 4 motivi che favoriscono l’employee retention

Mentre una politica aziendale che trascura l’employee retention genera tassi elevati di turnover con i connessi costi, d’altra parte, invece, quali sono i motivi principali che spingono un dipendente a rimanere con la propria azienda? Secondo un’indagine del 2021 di Achievers Workforce Institute, citata da FinancesOnline, al primo posto ci sarebbe il work-life balance (23%), seguito dal riconoscimento (21%), dalla retribuzione (19%) e, infine, da una buona relazione con i manager (19%). Senza volere attribuire valore assoluto a questa classifica, ci sono diversi indicatori, anche italiani, che riconoscono un’importanza dirimente al ruolo della conciliazione vita-lavoro. Un ruolo che l’esplosione dello smart working nell’ultimo biennio ha posto al centro delle strategie di employee retention più efficaci. Un rapporto pubblicato dall’INPS sul “lavoro agile” che ha coinvolto le proprie risorse umane ha fatto emergere dei trend tra gli smart worker, la cui propensione ad avvalersi di questo modello di collaborazione flessibile è influenzata da alcuni fattori che determinano la qualità del work-life balance. 

Il caso INPS per capire qual è lo smart working preferito

Lo smart working anzitutto è molto apprezzato tra quei lavoratori INPS che devono colmare lunghe distanze per recarsi in ufficio. Oltre al risparmio in denaro, l’abbattimento del tempo speso durante il tragitto e il venir meno dello stress rappresentano degli elementi visti con particolare favore. Anche le dimensioni dell’abitazione e la disponibilità di spazi adibiti in via esclusiva allo smart working incidono nel riconoscere la validità di questo modello, così come la presenza o meno di figli di età inferiore ai 10 anni o di persone anziane da dover accudire. Perciò alla domanda “Accetteresti di proseguire lo smart working per il prossimo anno”, circa la metà del campione ha risposto di sì, ma in forma ibrida. Il rapporto INPS, in definitiva, lascia intuire che non bisogna confondere smart working con home working. Le aziende che intendono puntare su strumenti di employee retention devono tenerne conto, predisponendo luoghi di lavoro che favoriscano davvero il work-life balance, perché offrono i benefici oggettivi dello smart working (per esempio, sono facili da raggiungere), ma senza i suoi svantaggi (locali inadeguati e tecnologicamente poco attrezzati). 

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